Ricordate il caso sollevato nelle scorse settimane da una cittadina di Pellestrina, Annalisa Busetto, che da cattolica aveva scritto nel proprio profilo fb per stigmatizzare alcuni comportamenti dei sacerdoti officianti in isola, responsabili a suo dire dell'allontanamento di molte persone dai sacramenti? A distanza di molti giorni -forse troppi, qualcuno potrebbe dire- alcune parrocchiane hanno redatto una lettera e l'hanno inviata al settimanale diocesano Nuova Scintilla, che l'ha pubblicata (aggiungendo l'avverbio "volentieri" di prammatica): il testo è firmato da "un gruppo di persone che amano la Chiesa", ovvero "Lidia, Antonietta, Elisa & company", che si dichiarano «stupite riguardo a ciò che viene scritto sui sacerdoti di Pellestrina, in particolare sulla loro assenza in campo pastorale e umano».
Da qui prende le mosse il pensiero del gruppo: «prima di giudicare negativamente l'operato dei nostri sacerdoti, dovremmo tutti, cominciando da noi stessi, analizzare le nostre inadempienze come popolo di Dio». E quindi «Lei dice che quei preti sono "beoni e mangioni", le chiese sono vuote, i gruppi pastorali boccheggiano o si estinguono. Ma non è stato Gesù stesso ad andare a mangiare con la gente comune? Se i giovani hanno disertato le parrocchie, in un mondo che ha perso il contatto con Dio, dove i sacerdoti possono andarli a cercare se non nel posto in cui di solito essi si riuniscono nel loro tempo libero?». In sostanza, una difesa di don Damiano Vianello e del corpo sacerdotale di Pellestrina: «Invece di vedere solo i difetti, ricerchiamo i pregi e soprattutto le fatiche di questi sacerdoti che, forse, non si sentono accolti da una comunità che, speriamo, non si sia rinchiusa a riccio nel giudizio o nella critica». Non mancano i rilievi alla prima mittente: «Siamo convinti di poter dire tutto quello che pensiamo perché c'è uno schermo che ci difende? E quando l'altra persona (in questo caso un prete) si sentirà distrutta e dileggiata, quale vantaggio ne avremo tratto?».
Come si vede, una lettera a sua volta piena di domande. Oltre che di ringraziamenti al "don": «Perché ti sei fatto dono per la comunità, perché quando pieni di vergogna per i nostri peccati ci avviciniamo a te, prima ancora che apriamo bocca, ci sentiamo già perdonati, perché ogni mattina apri le porte della chiesa e ci attendi fiduciosi» e molti altri motivi. Un atto d'amore dei parrocchiani, che invitano i lettori del settimanale e dei network a ripeterli: «Ed ora un invito a tutti noi, credenti e non credenti, sacerdoti e laici, a pronunciare il nostro “grazie Don”: facciamolo con un sms, in facebook o tramite whatsapp o ancora meglio di persona, chiedendo unitamente la Grazia del perdono». Anche questo documento non mancherà di suscitare dialogo e pure schieramenti, come naturale: ma beata quella comunità che si ritrova, anche online, a parlare di cose importanti e a mettere in discussione se stessa. In tutto questo, però, ancora non si è sentita la voce del vescovo, solitamente così prodigo di interventi a vasto raggio anche attraverso gli organi d'informazione.
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